A oramai un mese e mezzo dalle elezioni perdura l’incapacità di formare un nuovo governo. Cinque Stelle e Lega Nord battibeccano e si prendono le misure a vicenda per capire se potranno formare un governo insieme, Berlusconi taglia sulle sue reti televisive gli spazi di Del Debbio, Belpietro e Giordano, tanto per ricordare a Salvini che si la xenofobia gli ha portato voti ma che è pur sempre lui il padrone del vapore e delle frequenze Mediaset da cui passa buona parte della propaganda, diretta e indiretta, della Lega. Dalle parti del PD affilano i coltelli in attesa della redde rationem interna. Gli accorati appeli al “senso delle istituzioni” da parte di Mattarella prima dell’ennesimo giro di consultazioni lasciano il tempo che trovano.
I due partiti che hanno raccolto i frutti di una campagna elettorale all’insegna della paura vogliono ciò che li spetta. E qualcuno agita già lo spettro di nuove elezioni in caso di mancati accordi, elezioni che probabilmente porterebbero a un ulteriore ridimensionamento del PD, a una maggiore forza della Lega Nord nei confronti di Forza Italia ma che non è detto che farebbero molto bene ai Cinque Stelle: la parte più di sinistra dell’elettorato pentastellato potrebbe non digerire le ipotesi di accordo tra Di Maio e Salvini.
Come abbiamo visto, le elezioni del 4 Marzo ci hanno consegnato uno scenario inedito all’insegna dell’instabilità politica del nostro Paese. Questa crisi istituzionale si manterrà nel tempo, a prescindere dalle soluzioni raffazzonate che M5S e Centrodestra potrebbero trovare con un apparentamento al quanto discutibile. Questa crisi non sarà la classica crisi di Governo del Dopoguerra (ne abbiamo avute 65, che sono durate mediamente 33 giorni).
Se poi dovessimo tornare a votare con elezioni anticipate, le cose non cambierebbero più di tanto per via della recente riforma elettorale a trazione proporzionale voluta dal Partito Democratico, da Forza Italia e dalla Lega. Oltretutto siamo entrati in una girandola elettorale quasi senza fine che interesserà prima le elezioni comunali, poi quelle regionali ed infine le elezioni europee nel 2019.
Siamo convinti che i settori giovanili che hanno sostenuto il Movimento pentastellato attraverseranno in tempi brevi la fase del disincanto, in quanto la demagogia e gli intrallazzi parlamentari del M5S si stanno rivelando in tutta la loro vastità.
Il nostro compito sarà innanzitutto quello di sollecitare l’astensionismo sociale verso un astensionismo organizzato. Sicuramente non sarà facile con le nostre piccole forze costruire un’offerta valida al grande “Partito dell’Astensione”, ma è su questo terreno che dovremo misurarci con i tempi dovuti e con i metodi necessari per assumere un ruolo di riferimento per il vasto arcipelago astensionista, attraverso una riflessione collettiva tesa a costruire spazi aperti per mettere in pratica i nostri valori antiautoritari abbinati ad una prima proposta municipalista e libertaria.
FAI Reggiana